Per celebrare la XXX giornata mondiale del malato l'appuntamento diocesano sarà venerdì 11 febbraio in cattedrale. Dalle ore 10:30 sarà esposta la statua della beata Vergine di Lourdes per la venerazione dei fedeli. Alle 17:30 la celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo Giovanni Massaro. La giornata diocesana è promossa dalla Pastorale della salute, con il direttore don Enzo Massotti, e dall'Unitalsi di Avezzano con la presidente Maria Teresa Maceroni e l'assistente spirituale don Luigi Incerto.
Un appuntamento, come scrive il papa nel messaggio, per richiamare la necessità che «a tutti i malati, anche nei luoghi e nelle situazioni di maggiore povertà ed emarginazione» siano assicurate «le cure sanitarie di cui hanno bisogno; come pure l’accompagnamento pastorale». E insieme il richiamo a riconoscere nel sofferente una persona, la sua singolarità «con la sua dignità e le sue fragilità». Ruota intorno a questi valori, all’importanza di stare accanto a chi soffre, il messaggio del papa per la XXX giornata mondiale del malato, che come ogni anno sarà celebrata l’11 febbraio, memoria liturgica della beata Vergine di Lourdes. Al centro il tema della vicinanza, della dimensione personale e insieme comunitaria del farsi carico della malattia, espressa sin dal titolo: «Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso» (Lc 6,36). Porsi accanto a chi soffre in un cammino di carità.
Martedì 1° febbraio alle 17:30 nella chiesa cattedrale di Avezzano, vigilia della festa liturgica della Presentazione di Gesù al tempio, si vivrà la celebrazione eucaristica per la 26ª giornata mondiale della vita consacrata. La Messa sarà presieduta dal vescovo Giovanni Massaro e la preghiera, dedicata alle vocazioni, sarà di ringraziamento al Signore per il dono di tanti consacrati e consacrate che, in terre di missione o nella ferialità della vita e nel lavoro quotidiano, vivendo in contesti spesso anche difficili, si prendono cura degli ultimi e dei più fragili e sono testimoni e annunciatori della presenza di Dio nel mondo. Durante la celebrazione, promossa dal Servizio diocesano per la vita consacrata, guidato da padre Basilio Retegan, le testimonianze delle apostole del Sacro Cuore, che racconteranno il servizio ai più piccoli, nella comunità-alloggio per i bambini con famiglie in gravi difficoltà, e quello alle ragazze sottratte dalla tratta in strada, con l’Oasi Madre Clelia. A seguire la testimonianza della fraternità Mater indigentium del santuario della Madonna dei Bisognosi di Pereto, attiva nell’accompagnare le persone fragili e bisognose, e quella dell’Istituto Don Orione, che opera nella chiesa della Madonna del Suffragio, e nell’assistenza sociosanitaria e spirituale degli anziani nella RSA.
Approfondimento di padre Basilio Retegan direttore del Servizio diocesano per la vita consacrata
Insieme ai religiosi e alle religiose: la giornata della vita consacrata
Il 1° febbraio celebreremo nella chiesa cattedrale di Avezzano la giornata mondiale della vita consacrata con il vescovo Giovanni Massaro. È un momento ecclesiale particolarmente atteso e molto significativo. Anzitutto per rendere insieme grazie a Dio del dono, anche alla nostra Chiesa locale, di tante e belle esperienze e forme di vita consacrata, e di tante vite consegnate al Signore e spese nel servizio della Chiesa. In secondo luogo, per il contesto dell’attuale cammino sinodale, che ci invita fortemente a coinvolgerci tutti – vescovo, presbiteri, diaconi, laici, consacrati, movimenti, associazioni – in un cammino di comunione e di fraternità, di crescita nella nostra identità cristiana, di rafforzamento della nostra appartenenza e partecipazione alla vita e alla missione della Chiesa. La giornata della vita consacrata, che ricorre annualmente nel contesto della festa della Presentazione del Signore al tempio (il 2 febbraio) o dell’Incontro, come viene più semplicemente chiamata dalle tradizioni dell’Oriente cristiano, non riguarda infatti solo i religiosi e le religiose, ma l’intera comunità della Chiesa. La vita consacrata, come ha ricordato papa Francesco, «è un dono alla Chiesa, nasce nella Chiesa, cresce nella Chiesa, è tutta orientata alla Chiesa». Essa appartiene a Dio – attraverso l’atto di consacrazione della professione religiosa – e diventa di conseguenza il dono di Dio alla sua Chiesa. Un dono che è davvero prezioso per la vita e la missione della Chiesa stessa e del suo operato nel mondo, in quanto con la sua forte valenza e tensione carismatica, profetica ed escatologica, non solo permette di affermare, di rendere cioè visibile e percepibile nell’oggi della storia, il primato dello Spirito e l’amore di Dio per la Chiesa e per tutti gli uomini e le donne del nostro tempo, ma diventa anche – sul versante della fecondità spirituale – un autentico fermento trasfigurante e una reale forza attrattiva e divinizzante; infatti, la bellezza spirituale delle fraternità e delle sororità in mezzo al popolo in cammino, come anche le altre esperienze singolari di servizio spirituale o le forme eremitiche e monastiche di vita religiosa e contemplativa, edificano e trasformano interiormente tutta la Chiesa, rendendola una casa e una scuola di vera comunione e di fraternità, a immagine e somiglianza della comunità divina della santissima Trinità. È esattamente in questa prospettiva, comunionale e sinodale insieme, che si è pensato opportuno, all’interno della celebrazione dell’Eucaristia – «fonte e culmine» della vita di fede della Chiesa –, e più propriamente durante il lucernario tipico della festa della Presentazione del Signore, di vivere insieme con più concretezza e attualizzazione, attraverso la presenza e la testimonianza dei consacrati e delle consacrate della diocesi dei Marsi, uno specifico momento di vero incontro o di illuminazione, nella dimensione mistica o di alta spiritualità, che è insieme conoscenza e amore e rinnovata fecondità spirituale; è «luce da luce» a partire da Dio che incontra l’uomo in Cristo Gesù nostro Signore, il divino Dono che si (ri-)dona ancora per la salvezza di tutta l’umanità. L’esperienza religiosa ci permetterà senz’altro, almeno per un attimo di intimità spirituale, in piena empatia con chi compirà l’atto di rinnovazione della sua consacrazione religiosa, di possedere maggiore conoscenza di mistica ecclesiale e anche di avere un amoroso apprezzamento per le ricchezze della vita consacrata donata alla nostra Chiesa. Il tutto per riconoscere ancora una volta e per accogliere in maniera più profondamente rinnovata, nei nostri cuori e nel cuore stesso della Chiesa, Cristo come vera «luce che illumina», anche oggi, ogni uomo e ogni donna che cammina insieme a noi nella storia. Al centro di questa luce illuminante ci saranno perciò le testimonianze di vita religiosa impegnata e spesa nell’amore. Due testimonianze delle apostole del Sacro Cuore, a partire dal carisma del proprio istituto religioso, che si rinnova sempre nell’apertura alle nuove sfide, come quella del servizio ai più piccoli, con la comunità alloggio per i bambini provenienti da famiglie in gravi difficoltà psicosociali, o quella dell’assistenza e l’ospitalità alle ragazze sottratte dalla tratta in strada, con la comunità religiosa del centro famiglia Oasi Madre Clelia. La testimonianza, poi, di una nuova forma di vita consacrata: la fraternità Mater indigentium, presso il santuario della Madonna dei Bisognosi di Pereto, riconosciuta recentemente come comunità religiosa di diritto diocesano; è attiva in modo speciale nell’accompagnare ogni persona, anche la più fragile e bisognosa, nella conoscenza e nell’accoglienza dell’amore di Dio, la vera fonte di salute integrale e di guarigione profonda da ogni forma di affettività malata, dall’individualismo e dall’egoismo, per poter crescere nell’autostima e nelle relazioni. Infine un’altra breve testimonianza da parte dell’Istituto Don Orione, così ben radicato nelle opere di carità e di servizio pastorale, presso la chiesa della Madonna del Suffragio, ma soprattutto nella pastorale e nell’assistenza sociosanitaria e spirituale degli anziani della RSA, così duramente provata soprattutto in questo tempo di prolungata pandemia. Molte e svariate sono infatti le forme nelle quali la luce di Dio si può riflettere oggi attraverso le opere delle consacrate e dei consacrati, impegnati costantemente a portare e trasmettere l’amore di Dio fino a raggiungere le periferie più estreme, soprattutto esistenziali, dell’umanità.
Commento di padre Vasile Retegan del servizio diocesano per la vita consacrata alla giornata della vita consacrata del 1° febbraio 2022
Nella comunione di luce, per avviare percorsi di sinodalità
È nell’orizzonte di una intensa comunione di luce che si è celebrata, il 1° febbraio, nella chiesa cattedrale di Avezzano, la 26ª giornata mondiale della vita consacrata. La celebrazione, presieduta dal vescovo dei Marsi Giovanni Massaro, nella vigilia della festa della Presentazione di Gesù al tempio, ha permesso di radunarsi insieme i religiosi e le religiose operanti in diocesi, con la presenza graditissima, accanto a loro, di molti sacerdoti e fedeli laici, animati tutti dalla preghiera di gratitudine innalzata al Padre per il dono della vita consacrata. Con una preghiera specifica, formulata e predisposta dal vescovo, essi hanno rinnovato la consacrazione al Signore e al servizio della Chiesa, chiedendo anche che le comunità religiose «siano palestre di sinodalità e, secondo il carisma di ciascuna, partecipino attivamente al cammino sinodale della Chiesa». Il lucernario, con la benedizione e l’accensione graduale delle candele, dalla luce del cero pasquale e delle lampade accese dei religiosi, consegnate dal vescovo alle loro comunità, ha tratteggiato un percorso di coinvolgimento comunionale, dal fonte battesimale fino all’altare del Signore, nel riconoscimento e nell’accoglienza di Cristo «luce che si rivela alle genti» (Lc 2,32), come ripetutamente ha cantato, accompagnando l’ingresso solenne della Messa, il coro della cattedrale. Per promuovere e valorizzare la vita consacrata, il vescovo Giovanni ha invitato i consacrati e le consacrate, nel consegnare loro le lampade del Sinodo, a essere nella Chiesa «segno e profezia della sublime sapienza di Cristo, che continua anche oggi a invitare tutti a procurarsi “in piccoli vasi”, cioè nella propria fragile condizione umana e precaria esistenza terrena, l’olio dello Spirito dell’amore, necessario affinché la fiamma della nostra fede sia sempre viva e ardente». Come pastore ha esortato le comunità religiose ad avviare percorsi concreti di sinodalità, offrendo il proprio prezioso contributo di testimonianza evangelica e camminando «in stretta comunione con la vita della Chiesa, la quale si declina sempre, con l’aiuto e la forza dello Spirito Santo, a immagine della santissima Trinità, per essere nel mondo “sacramento di intima unione con Dio e di unità di tutto il genere umano” (Lumen gentium 1)». Con magistero pastorale di alta spiritualità sono state delineate nell’omelia le dinamiche di un vero processo di trasformazione: dal «riconoscere che Gesù è la nostra luce», attraverso la necessità di «scrutare i segni dei tempi nella consapevolezza che a guidare il popolo di Dio è lo Spirito Santo», nell’attenzione, apertura alla novità dello Spirito e adesione alla sua azione che rende ciò che oggi è caos un vero kairos – tempo propizio di grazia –, la vita religiosa segnata dal buio e attanagliata da problemi in sorgente luminosa e feconda, mentre «la scarsità delle vocazioni induce a camminare maggiormente e più facilmente con gli altri in un autentico dinamismo sinodale». La luce si accresce e la comunione si rafforza quando «la vita è riempita dalla preghiera» e tocca l’intimità con Dio e le altezze della mistica: «Se ogni vita cristiana nasce dall’incontro con la persona di Gesù, la vita religiosa che ha un’origine profetica non può sorgere e prosperare senza una dimensione profondamente spirituale e mistica. Quando si ricordano i fondatori e le fondatrici ci si sorprende davanti alla loro grande ricchezza e profondità spirituale. La mistica è parte essenziale della vita religiosa. Questa non è possibile se non si è innamorati di Gesù Cristo e del vangelo. Il passaggio dal caos al kairos è possibile se ci apriamo allo Spirito, se camminiamo di più con la gente, stando maggiormente con i poveri, se impariamo a volerci più bene e soprattutto se amiamo Gesù e portiamo nel mondo il profumo del vangelo».
Sul versante della profezia, l’itinerario di trasformazione nella comunione di luce con Cristo, attraverso l’opera e la missione salvifica della Chiesa, è stato abbondantemente richiamato dal riflesso carismatico e luminoso delle testimonianze religiose. Suor Denise Kangabe, per conto della comunità alloggio minori delle Apostole del Sacro Cuore, ha mostrato come la vita consacrata diventa riflesso del volto paterno di Dio, attraverso forme di paternità e maternità vissute per amore, soprattutto verso i più piccoli. Suore, insegnanti in pensione, impegnate affinché i ragazzi affidati loro dai servizi sociali vivano in un clima il più possibile vicino a quello della famiglia che a loro manca tanto; affiancate da una équipe psicopedagogica cercano di accompagnare i ragazzi in ogni aspetto della vita: negli studi, nelle relazioni con i famigliari e con gli amici si adoperano perché la loro vita non sia differente da quella dei loro coetanei e che si proiettino nel futuro con progetti degni di essere realizzati. Suor Carla Venditti della comunità Oasi Madre Clelia contro la tratta della strada ci ha fortemente sospinti a seguire Cristo sulla strada, luogo che Dio ci ha consegnato e dove incontriamo le nuove povertà; quelli che Gesù andava a cercare nelle strade, quelli che risollevava dalle macerie della vita, le tante Maria Maddalena del vangelo; tutti i bloccati dalle catene delle proprie insicurezze, del disprezzo e della indifferenza vissuti sulla propria pelle, ma che lui è venuto a liberare. Le ragazze vengono aiutate a cercare un lavoro che ridoni loro la dignità e la serenità a cui ogni essere umano ha diritto. Per il diacono Paolo Muratore, fratello della comunità Mater indigentium, l’amore di Dio, più forte delle nostre fragilità, dona di vivere in una fraternità caratterizzata da sincerità, autenticità e franchezza verso se stessi e nelle relazioni interpersonali; il terreno del nostro essere accoglie il seme della parola di Dio e sperimentiamo una graduale e continua guarigione dal giudizio negativo di noi, che proiettiamo anche sul prossimo; la manifestazione concreta della misericordia del Padre predilige la fragilità e i limiti come luogo per incontrarci, sostenerci e guidarci; le nostre povertà umane, quando sappiamo offrirle a Dio con sincerità ed abbandono fiducioso, costituiscono come la culla della vocazione alla santità che ciascuno di noi ha ricevuto. Infine, don Vittorio Quaranta ci ha illuminato sul carisma strettamente ecclesiale – a sostegno del papa, dei vescovi, della missione della Chiesa – che l’Opera Don Orione incarna anche nella nostra diocesi, soccorsa già nel terremoto del 1915 dallo stesso san Luigi Orione; nel passato con l’assistenza agli orfani e la formazione ai giovani mediante la scuola professionale; oggi è prevalentemente impegnata nell’assistenza dei tanti nonni della casa di riposo e della RSA per accompagnare la fase più fragile dell’anzianità e agevolare l’incontro con il Signore, per mostrare che ogni fase della vita è degna di essere vissuta.
Domenica 30 gennaio ci ritroveremo alle ore 15:00, come comunità diocesana, presso la chiesa cattedrale per vivere la festa della pace, un pomeriggio di preghiera e testimonianze.
Dall'articolo di Elisabetta Marraccini su Avvenire del 22 gennaio 2022
Artigiani di pace, questo lo slogan della tradizionale festa della pace che si terrà nel pomeriggio di domenica 30 gennaio nella chiesa cattedrale di Avezzano, insieme al vescovo Giovanni Massaro. Il tema della giornata riprende quello del messaggio di papa Francesco per la 55ª giornata mondiale della pace, «Educazione, lavoro, dialogo tra le generazioni: strumenti per edificare una pace duratura». Sarà un pomeriggio di preghiera e testimonianze, promosso dalla Tavola della pace della Marsica, alla quale partecipano l’Agesci, la Caritas, la Migrantes, la Pastorale giovanile, il Centro missionario, la Pastorale sociale e del lavoro, l’Associazione Rindertimi, la Pastorale familiare e l’Azione cattolica. Nemmeno quest’anno, causa normative anti-covid, sarà possibile marciare, come da tradizione ormai, per le strade della città, ma l’appuntamento che annualmente sigilla l’impegno per la pace non poteva essere disatteso. «Un impegno, quello per la pace, che le associazioni e le realtà diocesane portano avanti da oltre venticinque anni - racconta Gino Milano, presidente della Rindertimi - la Tavola della pace è una tessitura di esperienze interdipendenti, corresponsabili, rispettose della vivacità delle presenze che la compongono e delle diversità di cui ciascuna di esse è portatrice, accomunate tutte dall’unico anelito al valore più alto dell’umanità: la pace. Ci si riunisce per accogliere, approfondire ed estendere i temi della pace proposti ogni volta , costruendo nel mese di gennaio un programma di eventi, testimonianze e prospettive che, nel corso dell’anno, tornano più volte a valorizzare idee e progetti tra tutti i partecipanti».