Quaresima: il tempo della grande decisione. Il tempo per scoprire la nostra parte malata, girarsi verso Cristo e prendere posizione radicale alla luce del suo vangelo. L'unica che può illuminare l'oscurità dello smarrimento di senso e di orizzonte. Quaresima: il tempo per strappare Dio dalle periferie dell'anima e ricollocarlo al centro, nel cuore della vita, assumendolo come garante della nostra dignità e libertà, nella convinzione forte che l'uomo è libero solo se invaso da Dio. In verità capire di essere schiavi è già l'inizio di un cammino di libertà.
Schiavi del potere del denaro, di ambizioni smodate, dell'assurda cultura che fa diventare necessario il superfluo. Schiavi della pornografia dei sentimenti che valuta l'altro come merce da comprare e vendere, che riduce la parola a invettiva e assedio, corrompendola e svuotandola di tenerezza e misericordia. Schiavi di un circo mediatico dove l'effimero trionfa sull'essenziale, e la maschera copre le rughe della vacuità.
E così la penitenza non diventa un leggero, evanescente esercizio ascetico, ma la raschiatura del cuore per liberarlo dalla sabbia che gli impedisce di battere con i ritmi di Dio e di comprendere che «l'uomo non è un essere autarchico, ma ha bisogno di un Altro per essere pienamente sé stesso». E la sabbia non è un indistinto generico non valore, ma ha un nome: peccato. Un nome da ricollocare nel vocabolario del rapporto con Dio e con i fratelli affinché, redento nel sacramento della riconciliazione, possa tramutarsi in un «cambiare direzione nel cammino della vita… Non con un piccolo aggiustamento, ma con una vera e propria inversione di marcia, una conversione personale comunitaria quale unica via non illusoria per formare società più giuste, dove tutti possano avere il necessario per vivere secondo la dignità umana».
E dove la presenza del credente non si riduca ad un supplemento di etica declamata, ma sia un impasto di grazia, di vangelo senza sconti, di rigori intellettuali e morali, di amore fedele alla Chiesa e alla città dell'uomo.
Non disperdiamo le ceneri del mercoledì: devono rimanere sul capo e fermentare nella notte della grande veglia pasquale. Sono necessarie lotte interiori per questa fermentazione, non un lasciarsi andare pensando che la cosa vada da sé. Cenere per tutti, è vero, ma ognuno ha le sue.
Per me, vescovo, è la sfida a guidare la Chiesa locale esclusivamente nella logica umile dell'amore, lasciandomi condurre dall'inquietudine e dalla bellezza della croce. Per me, sacerdote, è ricomprendere che la sua è una bocca prestata a Dio per annunciare null'altro che la sua parola e che il suo è un cuore non ingombrato, ma dilatato nella carità. Per me, religiosa o religioso, è riconsegnarsi al primato dell'unico amore. Per me, diacono, è non usare a giorni alterni il grembiule del servizio. Per me, laico, è non operare una forbice tra il vangelo e le scelte dell'esistenza.
Per gli uomini della politica e delle istituzioni è semplicemente un non vedere la società come una prateria per disinvolte scorribande. Cristo ci aspetta al varco. La storia soffre le doglie del parto. Non mettiamoci al riparo. Entriamo dentro le nostre agonie per avvertire i primi scricchiolii della pietra del sepolcro.

+ Pietro Santoro
Vescovo di Avezzano

La Chiesa diocesana si riunirà per pregare e riflettere sulla centralità del lavoro per la persona e la società. L’appuntamento è per martedì 19 marzo nella parrocchia di San Giuseppe Artigiano in Caruscino, dove il vescovo Pietro presiederà la celebrazione eucaristica alle ore 18:00.
L'iniziativa è promossa dall'ufficio diocesano di pastorale sociale e del lavoro, che ha esteso l'invito alla celebrazione alle realtà locali del mondo del lavoro.


Nasce il Movimento dei Lavoratori di Azione Cattolica

Domenica 10 marzo alle 10:00, nel seminario di Avezzano, l'invito dell'Azione Cattolica diocesana, settore adulti, al convegno per la nascita in diocesi del MLAC, il Movimento Lavoratori di Azione Cattolica.
Interverranno Donatella Masci, presidente diocesano di AC; Graziella Giardino, incaricata regionale MLAC; Tommaso Marino, segretario nazionale MLAC; il vescovo Pietro Santoro.
Il MLAC è l’Azione Cattolica dei lavoratori: l'espressione missionaria dell'AC nel mondo del lavoro. Partendo dagli ambienti di vita professionali e lavorando all'interno della società civile, l'obiettivo del MLAC è di stare con le persone e tra le persone, per promuovere l'incontro con Cristo nel lavoro.


A condurci nella riflessione sul quarto capitolo dell’Evangelii gaudium è stata una voce al femminile: suor Veronica Amato Donatello, docente presso la Pontificia Università Salesiana e Urbaniana, responsabile del settore per la catechesi delle persone disabili dell’Ufficio Catechistico Nazionale della CEI. Una suora francescana alcantarina, originaria di Pescara, nonché cavaliere al merito della Repubblica italiana per il suo impegni in le persone disabili.
Come sempre alle ore 9:30 esposizione eucaristica e ora media, e conclusione con un momento di agape. La grande sfida che suor Veronica ha evidenziato è la necessità della conversione pastorale per tornare alla centralità del vangelo, riaccendendo la spinta e la passione con la quale ciascun laico o consacrato è stato toccato dal Signore.
Anche i poveri (non solo dal punto di vista economico) diventano maestri perché con le loro sofferenze conoscono il Cristo sofferente, secondo il criterio dell'inclusione pastorale, mettendo in atto un processo trasformativo affinché le nostre comunità parrocchiali divengano generative di nuove vocazioni ad una vita conforme al vangelo.


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