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Omelia di S.E. Mons. Pietro Santoro
dalla cattedrale dei Marsi in Avezzano

Nel cuore del tempo santo d’Avvento siamo raggiunti dal mistero di Maria, preservata dal peccato delle origini, perché il suo grembo, nei disegni della storia della salvezza, potesse accogliere Dio fatto carne, Dio che entra nel tempo dell’uomo per redimere l’uomo. E noi, sempre più incapaci di stupore, sempre più avvitati negli aridi percorsi del quotidiano, siamo chiamati a risvegliare lo stupore dinanzi a una donna che, nella piena libertà, ha permesso a Dio di rovesciare il vecchio mondo del peccato. Lo stesso stupore che afferrò nel lontano 1913 Paul Claudel. Nel pieno del suo cammino di conversione, si recò pellegrino a Chartres e chiese asilo nel cavo della mano di Maria, e in questa mano depose il suo «vecchio cuore che faceva il ribelle». E queste parole, parole tra le più alte che la poesia abbia saputo produrre, oggi si incontrano con la liturgia e diventano perforazione della nostra vita. All’origine della storia accade la ribellione: l’uomo al posto di Dio. E poi, una millenaria catena di ribellioni: gli uomini al posto di Dio. E il cuore del mondo invecchia perché non batte più con il cuore di Dio.
Ma, nella pienezza dei tempi Dio incontra una donna che non si ribella, ma si arrende al suo amore, alla sua misericordia. Una donna che non mette se stessa al posto di Dio, ma se stessa nel cuore di Dio. «Ecco la serva del Signore, avvenga per me secondo la tua Parola» (Lc 1,38). Io Maria, la serva del Signore, non ribelle, ma serva, serva di ciò che Dio vuole con me e per me. Serva del Figlio di Dio che si incarnerà dentro di me. E si aprì l’alba della redenzione dopo la notte della perdizione.
Le nostre ribellioni che ci invecchiano il cuore… Dobbiamo riconoscerle, dobbiamo ammetterle… Le nostre non sono ribellioni aperte, declamate, gridate. Sono semplicemente quei nascondimenti che non permettono a Dio di trovarci, di incontrarci. È il ripetersi del confronto tra Dio e il primo Adamo. Dio lo chiama e gli dice: «Dove sei?» (Gen 3,9). E Adamo risponde: «Ho avuto paura… e mi sono nascosto» (Gen 3,10).
Siamo continuamente inseguiti dall’amore di Dio, dalla misericordia di Dio che continuamente ci raggiunge nell’Eucaristia, nel perdono della Confessione, nella verità del Vangelo, e noi ci nascondiamo. Ci nascondiamo perché pensiamo che Dio ci rubi la libertà. Ci nascondiamo perché consideriamo la sua Parola un peso. Ci nascondiamo perché il camminare con Dio ci appare faticoso. Ci nascondiamo semplicemente perché non capiamo che la fede significa buttarci nelle braccia di Dio, nella fiducia più piena e gioiosa.
Come Maria che si lasciò abbracciare da Dio, non si divincolò dalle braccia di Dio, e abbracciò Dio in una limpidezza di fiducia che attraversò tutte le stagioni della Sua vita terrena, da Nazaret a Betlemme, da Betlemme al Calvario, e dal Calvario alla luce della risurrezione. E così, guardando la nostra povera fede, non possiamo che affidarci a lei, in un affidamento d’intercessione affinché le mie e le vostre biografie non siano biografie di fuga da Dio, ma di riconsegna a Dio del nostro cuore, del nostro pensiero. Cuore e pensiero che tornino ad essere modellati dal Vangelo e solo dal Vangelo.
Nella sua esortazione apostolica papa Francesco ci ha detto: «Come una vera Madre, cammina con noi, combatte con noi, ed infonde incessantemente la vicinanza dell’amore di Dio». E così, si allungano i nostri affidamenti a Maria, perché nel suo cuore di Madre tutti entrano e nessuno esce. Le affidiamo le nostre famiglie: siano i luoghi dove si mangia il pane dell’amore stabile, della tenerezza e dove ai figli viene donato il nutrimento più vero, che non si rafferma: Gesù, pane di vita eterna. Le affidiamo i nostri ragazzi, i nostri giovani ingannati da una società che li vuole solo in parcheggio di ideali: trovino risposta al bisogno drammatico di lavoro, e trovino nella fede il coraggio di non cedere alla mercificazione dei desideri, alla volgarizzazione del corpo e dell’anima, e la capacità di scommettere che tutto può cambiare con la forza del Vangelo vissuto e trasmesso. A Maria affidiamo i nostri anziani, i nostri nonni. Siano custoditi nella case, come si custodisce il tesoro più prezioso, perché in ogni loro ruga è scritta la grammatica della nostra storia. Siano custoditi nella case, loro che hanno generato una casa. A Maria affidiamo la nostra città, i paesi della nostra Marsica: noi li abitiamo, ma dobbiamo abitarli con la sapienza di capire che non siamo qui per caso, siamo stati collocati da Dio affinché ciascuno diventi un dono per l’altro, in una comunità di volti, dove ogni volto ha il suo colore che deve accogliere il colore dell’altro e non sfruttare l’altro. Solo questa cultura dell’accoglienza, della responsabilità ci può liberare dai tristi percorsi delle diffidenze, delle chiusure, dei rancori, dei pregiudizi. A Maria affidiamo i nostri malati, quanti vivono il mistero della sofferenza: abbiano sempre accanto cristiani che si rendano capaci di vedere in loro la carne stessa di Cristo sofferente.
La riflessione ora diventa preghiera. E la nostra sia la preghiera che papa Benedetto e papa Francesco ci hanno consegnato nella Lumen fidei: «Aiuta, o Madre, la nostra fede! Apri il nostro ascolto alla Parola, perché riconosciamo la voce di Dio e la sua chiamata… Aiutaci a lasciarci toccare dal suo amore, perché possiamo toccarlo con la fede. Aiutaci ad affidarci pienamente a lui, a credere nel suo amore, soprattutto nei momenti di tribolazione e di croce, quando la nostra fede è chiamata a maturare! Semina nella nostra fede la gioia del Risorto. Ricordaci che chi crede non è mai solo. Insegnaci a guardare con gli occhi di Gesù, affinché egli sia luce sul nostro cammino. E che questa luce della fede cresca sempre in noi, finché arrivi quel giorno senza tramonto, che è lo stesso Cristo, il Figlio tuo, nostro Signore».

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